venerdì 30 novembre 2018

IL FIGLIO CHE SONO STATO E IL GENITORE CHE SARO'


Molto spesso in terapia capita che le difficoltà nella relazione genitore-figlio richiedono una rilettura e una rielaborazione, da parte del genitore/i, del rapporto con le proprie figure genitoriali.

E' dai nostri genitori che apprendiamo dei modelli educativi dai quali vorremmo prendere le distanze o che vorremmo adottare perché ritenute valide; talvolta scegliere non è così semplice e neanche immediato, anche perché genitori si è in due e anche il partner è portatore del proprio vissuto legato al figlio che è stato.

Si comprende come la genitorialità è frutto di molteplici livelli di complessità dove il rapporto tra le tre generazioni (nonni, genitori e figli) dà vita da una parte  a tantissime risorse evolutive che portano le generazioni più giovani a godere di un maggior benessere ma, a volte, capita anche che tali relazioni creino delle complesse difficoltà sia per la generazione di mezzo che per quella più giovane.

Questo spezzone tratto dal Film "L'ULTIMO SOGNO" ci fa riflettere un quanto un padre possa essere involontariamente condizionato, nell'esercizio del suo ruolo genitoriale, dalla propria esperienza di figlio, ma è anche vero che il cambiamento è possibile, faticoso...lento… ma possibile!

Buona visione!

lunedì 26 novembre 2018

"VOGLIO QUALCUNO CHE PROTEGGA ME, QUESTA VOLTA"- PAURA D'AMARE


PROTEZIONE: "L’azione del proteggere, del riparare cose e persone allo scopo di difenderle da ciò che potrebbe recare loro danno"
 (Treccani)


E'  questo quello che spesso si cerca nella relazione di coppia: una riparazione a dolori passati ed è questo che spesso porta le coppie nelle nostre stanze di terapia dove carenze subite nelle famiglie di origine nelle esistenze di ciascun partner prendono la forma di una aspettativa di cura che l'altro non è sempre in grado di comprendere e riparare, suscitando un grande dolore che risveglia antiche frustrazioni in chi invece spera ancora che possano essere soddisfatte.


La coppia pian piano deve essere accompagnata a diventare Altro: a diventare uno spazio in cui ciascuno possa trovare spazio di espressione dei propri bisogni, avendo fiducia che possano essere compresi e soddisfatti dall'altro.


La fiducia è qualcosa di complesso, esito di un lungo percorso di conoscenza e cura reciproca, la fiducia riscalda il cuore e dà la forza di ricominciare davanti ogni avversità.


Coltiviamo la fiducia, fuori e dentro la terapia.

domenica 25 novembre 2018

GIOCARE CON LA SABBIA DIVENTA TERAPIA

La SandPlay Therapy aiuta dove le parole non arrivano. E ne beneficiano soprattutto i bimbi

Immagine tratta dal web
Gioco e sabbia, manipolazione e creatività: sono questi gli strumenti della SandPlay Therapy, "un viaggio dentro se stessi" che permette di mettere in scena anche gli eventi e le emozioni che fanno più male.

la SandPlay Theraphy non ha niente a che vedere con la paletta e con il secchiello o con i castelli costruiti sulla spiaggia.


Si basa, invece, sulla realizzazione di “quadri” con miniature tridimensionali disposte in 

modo libero in una sabbiera. L’obiettivo è osservarle e leggerle per aiutare le persone a ritrovare il 

benessere psicologico. Può quindi essere uno strumento particolarmente utile con i pazienti che hanno 

difficoltà comunicative.
 “E’ l’intuizione – chiarisce Marco Garzonio, saggista, psicoterapeuta, past president del 
Centro Italiano di Psicologia analitica (Cipa) - di unire la psicanalisi di impostazione

 junghiana con la possibilità di mettere le mani nella sabbia. Perché ‘giocare’ e manipolare con questo 

materiale fa sperimentare come ognuno sia artefice della propria vita e come il nostro destino sia nelle 

nostre mani”. La sabbia, infatti, non è solo uno dei materiali più affascinanti per i bimbi, che ne vengono 

attratti istintivamente già da piccolissimi, ma ha un valore simbolico molto importante: “è facilmente

 trasformabile e plasmabile, rappresenta l’atto della creazione e la restituzione della responsabilità 

all’individuo”, spiega Garzonio. Ed è proprio sulla sabbia che, grazie a un armamentario fatto da piccoli 

oggetti e personaggi, viene rappresentato un ‘universo in miniatura’ e diventa ‘visibile l'inconscio’.

venerdì 23 novembre 2018

QUELLO CHE GLI ADOLESCENTI NON DICONO



Caro Genitore,

Questa è la lettera che vorrei poterti scrivere.


Questo conflitto in cui siamo, ora. Ne ho bisogno. Ho bisogno di questa lotta. Non te lo posso dire perché non ho il lessico per farlo e comunque non avrebbe senso quello che direi. Ma ho bisogno di questa lotta. Disperatamente. Ho bisogno di odiarti ora, e ho bisogno che tu sopravviva a questo odio. Ho bisogno che tu sopravviva al mio odiare te, e al tuo odiare me. Ho bisogno di questo conflitto anche se pure io lo detesto. Non importa neanche su cosa stiamo litigando: l’ora di rientro a casa, i compiti, i panni sporchi, la mia stanza incasinata, uscire, restare a casa, andare via di casa, vivere in famiglia, ragazzo, ragazza, non avere amici, avere cattivi amici. Non importa. Ho bisogno di lottare con te su queste cose e ho bisogno che tu lo faccia con me.

Ho disperatamente bisogno che tu mantenga l’altro capo della corda. Che ti ci aggrappi forte mentre io strattono il capo dalla mia parte, mentre cerco di trovare appigli per vivere questo mondo nuovo cui sento di affacciarmi. Prima sapevo chi fossi io, chi fossi tu, chi fossimo noi. Ma ora, non lo so più. In questo momento sto cercando i miei confini, e a volte riesco a trovarli solo quando tiro questa fune. Quando spingo tutto quello che conoscevo al suo limite. Allora io mi sento di esistere, e per un minuto riesco a respirare. E lo so che ti manca tantissimo il bambino dolce che ero. Lo so, perché manca anche a me quel bambino, e a volte questa nostalgia è quello che rende tutto doloroso per me al momento.

Ho bisogno di questa lotta e ho bisogno di vedere che, non importa quanto tremendi o esagerati i miei sentimenti siano, non distruggeranno me, né te. Ho bisogno che tu mi ami anche quando sono pessimo, anche quando sembra che io non ti ami. Ho bisogno che tu ami te stesso, e me, che tu ci ami entrambi e per conto di tutti e due. Lo so che fa male essere antipatici, avere etichette di quello marcio. Anche io provo la stessa cosa dentro, ma ho bisogno che tu lo tolleri, e che ti faccia aiutare da altri adulti per farlo. Perché io non posso in questo momento. Se vuoi stare insieme ai tuoi amici adulti e fare un “gruppo-di-mutuo-supporto-per-sopravvivere-al-tuo-adolescente”, fa’ pure. O parlare di me alle mie spalle, non ho problemi. Basta che non rinunci a me, che non rinunci a questo conflitto. Ne ho bisogno.

Questo è il conflitto che mi insegnerà che la mia ombra non è più grande della mia luce. Questo è il conflitto che mi insegnerà che i sentimenti negativi non significano la fine di una relazione. Questo è il conflitto che mi insegnerà come ascoltare me stesso, anche quando sono una delusione per gli altri.

E questo conflitto particolare, finirà. Come ogni tempesta, sarà spazzata via. E io dimenticherò, e tu dimenticherai. E poi tornerà da capo. E io avrò bisogno che tu regga la corda di nuovo. Di nuovo e di nuovo, per anni.

Lo so che non c’è nulla di intrinsecamente soddisfacente in questa situazione per te. Lo so che probabilmente non ti ringrazierò mai per questo, o neanche te ne darò credito. Anzi probabilmente ti criticherò per tutto questo duro lavoro. Sembrerà che niente che tu faccia sia mai abbastanza. Eppure, io faccio affidamento interamente sulla tua capacità di restare in questo conflitto. Non importa quanto io polemizzi, non importa quanto io mi lamenti. Non importa quanto mi chiuda in silenzio.

Per favore, resta dall’altro capo della fune. E lo so che stai facendo il lavoro più importante che qualcuno possa mai fare per me in questo momento.

Con amore, il tuo teenager.

© 2015 Gretchen L Schmelzer PhD


A NATALE REGALA UN MOMENTO


domenica 18 novembre 2018

CONCEDIAMOGLI IL TEMPO: Umberto Galimberti - I bambini di oggi sono sottoposti a troppi stimoli

C'E' UN TEMPO PER PERCEPIRE, UN TEMPO PER COMPRENDERE, UN TEMPO PER CRESCERE

"I bambini di oggi sono sottoposti a troppi stimoli che la loro psiche infantile non è in grado di elaborare. Stimoli scolastici, stimoli televisivi, processi accelerati di adultismo, mille attività in cui sono impegnati, eserciti di baby-sitter a cui sono affidati, in un deserto di comunicazione dove passano solo ordini, insofferenza, poco ascolto, scarsissima attenzione a quel che nella loro interiorità vanno elaborando. Quando gli stimoli sono eccessivi rispetto alla capacità di elaborarli, al bambino restano solo due possibilità: andare in angoscia o appiattire la propria psiche in modo che gli stimoli non abbiano più alcuna risonanza. In questo secondo caso siamo alla psicopatia, all'apatia della psiche che più non elabora e più non evolve, perché più non "sente" .
UMBERTO GALIMBERTI, I miti del nostro tempo (Milano, Feltrinelli 2009).

PROPONIAMO AI NOSTRI BAMBINI STIMOLI CHE I SENSI POSSANO ACCOGLIERE ED TRASFORMARE IN ESPERIENZE SENSORIALI E COGNITIVE SEMPRE PIU' STRUTTURATE IN BASE ALL'ETA'

Si è conclusa la prima edizione del laboratorio di costruzione dei MOBILES, condotto dalla Dott.ssa Maddalena Alemani- (Pedagogista, educatrice esperta nel Metodo Montessori)

"L'idea di proporre laboratori pedagogici nasce dal desiderio di riscoprire la bellezza e il senso educativo del materiale che proponiamo ai nostri bambini in una fase delicata come quella della primissima infanzia. L'ambiente che offriamo a loro li educa, le proposte che presentiamo a loro li educano, consapevoli di questo abbiamo ridato valore formativo a ciò che ci circonda per offrire ai nostri bambini materiali adeguati e carichi di significato"

























































































































































































































































































 


 

domenica 11 novembre 2018

QUANDO IL PASSATO E' PRESENTE: ECCO UNA TECNICA PER SUPERARE I TRAUMI PSICOLOGICI



"Alcune persone continuano a soffrire per un evento traumatico anche a distanza di moltissimo tempo dall’evento stesso. Spesso riportano di provare le stesse sensazioni angosciose e di non riuscire per questo motivo a condurre una vita soddisfacente... In questi casi, quindi,
 il passato è presente "

Per saperne di più guarda l'intervista al Presidente dell'Associazione EMDR Italia, Isabel Fernandez







c/o IL FILO DI PERLE
puoi rivolgere le tue domande alla

 Dott.ssa Marzia Montinaro 
Psicoterapeuta Relazionale e Terapeuta EMDR